giovedì 10 gennaio 2019

The Predator (2018)






 Quinn McKenna (Boyd Holbrook) è un cecchino dell'esercito Usa in missione messicana, quando l'atterraggio di fortuna intrapreso dall'astronave di uno Yautja irrompe sulla scena. Quinn riesce a fuggire con alcuni ricordini alieni che spedisce in tutta fretta a una casella postale, proprio un attimo prima di essere arrestato e dichiarato insano di mente da uomini del governo il cui fine è tenere nascosti i viaggi di questi alieni sulla terra. Il prezioso pacco giunge però a casa dell'ex moglie, dove il figlio autistico/genio riesce ad attivare un segnalatore il quale richiama un altro Predator, già sulle  tracce del precedente.
 McKenna dovrà allearsi con altri ex-militari con disturbi psichiatrici, in questo caso reali, e una biologa evoluzionistica, la dottoressa Casey Brackett (Olivia Munn), per salvare il figlio dalle grinfie degli Yautja e da quelle degli uomini del governo.




 Ultimo figlio dell'ossessiva tendenza hollywoodiano di metabolizzare vecchi capolavori per originare opere pre-digerite al fine di nutrire spettatori clonizzati, The Predator è destinato a far bestemmiare tutti i fan del film originale (qui la nostra recensione), ma anche del seguito diretto da Stephen Hopkins e interpretato da Danny Glover, il quale abbandonava lo slasher equatoriale per abbracciare il noir metropolitano speziato di caraibico.
 Più che dai suoi prececessori, includendo anche Predators, il film diretto da Shane Black risulta affine al mash up Aliens vs. Predator 2, miscelato con Qualcuno volò sul nido del cuculo e I magnifici sette. Il gruppo, costituito dagli ex-militari, dalla biologa e dal bimbo autistico/prodigio, manca però di un'adeguata deliniazione psicologica, andando a costituire uno dei buchi neri su cui il film viene risucchiato. Il processo di laccatura sarebbe potuto andar bene, con una trama anche leggermente più coerente, ma è proprio la presenza di personaggi sbiaditi a dare il colpo di grazia, specialmente se si comportano come quei ragazzini caratteriali che per esser presi in considerazione cercano di far ridere con una mitragliata di battute da trasformarti le gambe in caciotte a causa del latte venuto alle ginocchia.
  



Boyd Holbrook indossa un Casio G-Shock Mudmaster GG 1000 1A3




 I modelli della serie Mudmaster sono ideati per resistere a urti, vibrazioni, fango, acqua e polvere. Sono orologi dalle dimensioni considerevoli e indossandoli non vi sentirete di certo inferiori ai Predator che sfoggiano i loro bracciali iper-tecnologici. Il Mudmaster sembra quasi in grado di animarsi, come se fosse dotato di vita autonoma.
Questa è roba da soccorritori, soldati ecc. Per gente abituata a muoversi nelle rovine e nel liquame, avere un orologio stile vambrace risulta indispensabile.




Le dimensioni del GG 1000 1A3 sono 26,2x55,3x17,3 mm, ma risulta comunque leggero e confortevole. Questo modello, così come il GG 1000 1A, ossia quello nero, presenta due display positivi, a differenza del GG 1000 1A5, quello con il bracciale kaki, che è l'unico con display negativo. I display positivi ne facilitano la leggibilità, cosa che non avviene invece per il negativo GG 1000 1A5, dove la lettura risulta spesso difficoltosa anche da vicino.




 Numerosissime risultano le funzionalità, che comprendono 31 fusi orari, cronometro 1/100 di secondo, conto alla rovescia, 5 allarmi, calendario perpetuo, bussola digitale, termometro (da -10 a 60 °C), segnale orario, Super Illuminator e indicatore stato batteria. La precisione è di +/- 15 sec al mese.




L'integrazione tra le cingie e le anse è stata progettata per una maggiore aderenza al polso, garantita anche da un fondello piatto.

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